Tanti auguri a George, che oggi compie 65 anni.
La migliore fantasy è scritta nel linguaggio dei sogni. È viva così come i sogni sono vivi, più reale del reale… almeno per un momento… quel lungo magico momento prima che ci svegliamo.
La fantasy è argento e scarlatto, indaco e azzurro, ossidiana con venature d’oro e lapislazuli. La realtà è compensato e plastica, agghindata in marrone fango e verde militare. La fantasy ha il sapore di habanero e miele, cannella e chiodi di garofano, rare carni rosse e vini dolci come l’estate. La realtà è fagioli e tofu, e retrogusto di cenere. La realtà sono i negozi in fila di Burbank, le ciminiere di Cleveland, un parcheggio a Newark. La fantasy sono le torri di Minas Tirith, le antiche pietre di Gormenghast, le sale di Camelot. La fantasy vola sulle ali di Icaro, la realtà sulle Southwest Airlines. Perché i nostri sogni si rimpiccioliscono così tanto quando finalmente si avverano?
Leggiamo la fantasy per ritrovare i colori, penso. Per gustare forti spezie e ascoltare le canzoni che le sirene cantano. C’è qualcosa di antico e veritiero nella fantasy che parla a qualcosa di profondo dentro di noi, al bambino che un giorno ha sognato di poter cacciare nelle foreste di notte, e banchettare nelle grotte delle montagne, e trovare un amore che duri per sempre da qualche parte a sud di Oz e a nord di Shangri-La.
Possono tenersi il loro paradiso. Quando morirò, preferirei andare nella Terra di Mezzo.