Il problema più grosso che affligge questa serie è una certa discontinuità nella scrittura e regia tra un episodio e l’altro. Gli sceneggiatori e registi degli episodi sono tutti diversi, ma non è questo il problema, dato che oggigiorno è così per la maggior parte delle serie. Quando ci sono problemi di ritmo e discontinuità, di solito la persona verso cui puntare il dito è lo showrunner. LA showrunner, in questo caso, è Melissa Rosenberg, che già aveva provato a piazzare la serie su JJ tempo fa, alla ABC (che produce Agents of Shield), che però ha preferito girocontarla a Netflix (chissà come mai).
La colpa più grande è non aver saputo dare il giusto apporto narrativo a quello che poteva essere un personaggione, e cioè il cattivo: Killgrave/David Tennant. L’errore più grossolano è la continua modifica del suo paradigma: prima vuole una cosa, poi ne vuole un’altra, poi un’altra ancora. Capisco che possa essere inteso come un caotico malvagio, e in fondo anche questi suoi cambi d’umore sono narrativamente giustificati (quasi sempre), ma c’è almeno un preciso momento nella serie in cui ti chiedi che diavolo voglia, cosa diavolo stia facendo, e cosa diavolo stiamo guardando. Anche la sua decisione finale poco prima dell’epilogo l’ho trovata piuttosto fuori dal personaggio.
Per il resto, Jessica funziona, l’amica funziona, Luke Cage funziona; gli altri comprimari non tanto.
Le scene di sesso nelle prime puntate sono girate in uno stile che ho trovato decisamente fuori contesto rispetto al tono della serie; mi sono sembrate dei fantocci messi lì solo per far dire alla gente “oooh, com’è matura e adulta questa serie”, eppure continuiamo a scordarci che qualsiasi ragazzino appena uscito dalla pubertà è capace di scopare. Le cose “da adulti”, forse dovrebbero essere altre.
Stesso discorso per i toni “cupi”. È molto bellino il feeling pulp che la serie ha all’inizio, grazie anche a una regia che usa quinte distorte da dietro i vetri e inquadrature interessanti, poi questo modo di lavorare si perde nel nulla, e la serie si appiattisce puntata dopo puntata.
Non è un problema legato al budget, e a dimostrazione di questo basta vedere quale sia la puntata migliore e più emozionante: la 9, che è ambientata quasi tutta in una sola stanza grigia con solo un tavolo e un computer, quasi teatrale.
Rispetto a Daredevil, secondo me intrattiene meglio e annoia meno, forse proprio perché non ha quella complessità un po’ posticcia che hanno voluto in DD.
Insomma, ben vengano le iniziative di Netflix, ma per ora la qualità mi sembra un po’ traballante. Forse sarebbe meglio concentrarsi su meno serie alla volta, ma applicare maggior cura.
E anche tornare al classico formato da 42 minuti, che non è che siamo tutti Game of thrones, eh?